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Secondo una nuova ricerca, gli impatti dei cambiamenti climatici avvertiti nella foresta pluviale amazzonica prima dell’arrivo dei coloni europei, fino al 1492, potrebbero aver minato l’esistenza delle popolazioni pre-colombiane di indigeni conducendole verso quel fenomeno denominato “Grande Estinzione“.
Gli scienziati, che studiano i dati sui pollini fossili e sui residui di carbone provenienti da tutta l’Amazzonia, affermano che la gestione umana della foresta pluviale potrebbe aver raggiunto il picco intorno al 1200 d.C., prima che alcuni siti venissero abbandonati completamente, consentendo il rimboschimento di queste aree.
La nuova ricerca, che coinvolge studiosi dell’Università di Reading, in Inghilterra, pubblicata sulla rivista Science, sfida l’ipotesi precedente secondo la quale la più grande diminuzione della popolazione nelle Americhe, nota come la Grande Estinzione, non sia iniziata dopo che gli Europei avrebbero portato le nuove malattie dal Vecchio continente.
Secondo Frank Mayle, docente di paleoecologia tropicale presso l’Università di Reading e coautore dello studio, l’analisi effettuata solleva la possibilità che il cambiamento climatico abbia, invece, causato il declino di alcune società amazzoniche diversi secoli prima dell’arrivo degli europei, soprattutto in quelle società complesse che potrebbero essere state troppo rigide per adattarsi.
Mayle ritiene che, sebbene sia ancora probabile che l’introduzione di malattie europee, come il vaiolo, sia stata la ragione del grande declino della popolazione successivamente osservato nelle Americhe, la nuova ricerca è un campanello di allarme della minaccia che il cambiamento climatico rappresenti per la società. Le conoscenza di quanto le società antiche abbiano reagito ai cambiamenti climatici del passato possono fornire preziosi indizi per comprendere il destino delle diverse società odierne soggette al riscaldamento globale del XXI secolo.
La ricerca è stata condotta da Mark Bush, docente di biologia della Florida Tech, coadiuvato da un team internazionale che continua lo studio su come i gruppi umani pre e post colombiani abbiano modificato e gestito le foreste amazzoniche.
L’analisi del polline fossilizzato e del carbone di legna ha rivelato che molte delle terre precedentemente disboscate stiano riprendendo vigore dopo oltre 800 anni, invece dei 400 anni precedentemente stimati, indicando anche un declino delle popolazioni pre-colombiane. Il team di ricerca sta ora cercando di valutare i meccanismi di questo calo della popolazione.
Individuare i segnali della ricrescita della foresta, in seguito alle distruzioni dell’uomo, è fondamentale per le discussioni in corso sull’impatto della popolazione pre-colombiana sulle foreste pluviali amazzoniche e sulla misura in cui le foreste moderne abbiano ereditato delle passate attività umane.
Questa ricerca ha anche implicazioni per la scienza dell’atmosfera e della biosfera. In precedenza si credeva che il collasso della popolazione indigena in Amazzonia, a seguito del contatto con gli invasori europei, e il successivo rimboschimento naturale, avessero portato alla contrazione drastica dei livelli di CO2, un evento noto come ‘Orbis Spike‘. Tuttavia, nello studio pubblicato, il team non ha trovato prove che l’Orbis Spike sia stato causato dal rimboschimento amazzonico.
Proviamo a imparare ancora una volta dagli insegnamenti della storia?
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: University of Reading
Source: danielemancini-archeologia.it