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Immersa nella pittoresca campagna del Northumberland, Vindolanda, con il suo insediamento fortificato è uno vero e proprio pozzo di tesori archeologici provenienti dalla vita quotidiana durante l’occupazione romana della Gran Bretagna e anche oltre.
Quello che rende così eccezionale un tassello del patrimonio mondiale culturale composto dal Vallo di Adriano è che alcuni dei manufatti di quasi 2000 anni rinvenuti rivelano emozioni e sentimenti umani. Forse gli esempi più famosi sono le meravigliose Tavolette di Vindolanda tra le quali spicca l’invito di compleanno scritto a mano in cui una donna chiede molto educatamente che la sua “cara sorella” si unisca a lei per festeggiare il suo compleanno.
L’ultima scoperta realizzata a Vindolanda offre uno spaccato affascinante delle emozioni espresse da un individuo nel III secolo d.C. e, rispetto all’invito sopra citato, non è così educato.
Dylan Herbert, un biochimico gallese, ha recentemente realizzato una singolare scoperta verso la fine della sua seconda settimana di partecipazione agli scavi archeologici organizzati a Vindolanda.
Il racconto di Dylan è altrettanto singolare: “Ho rimosso molta terra per tutta la settimana e, ad essere onesti, una enorme pietra si era intromessa sulla mia strada; sono stato contento quando mi è stato detto che potevo estrarla dalla trincea. Da dietro sembrava come tutte le altre, una pietra molto ordinaria ma quando l’ho girata, sono stato sorpreso di vedere alcune lettere chiare. Solo dopo aver rimosso il fango mi sono reso conto di quanto avevo scoperto e ne sono rimasto assolutamente felice”.
Oltre all’esplicito fallo scolpito nel blocco, sulla facciata di circa 40 cm di larghezza per 15 cm di altezza, è incisa un’iscrizione con le parole SECVNDINVS CACOR, rendendo questo graffito un insulto molto personale.
Gli epigrafisti inglesi, spacializzati in epigrafia romana, Alexander Meyer, Alex Mullen e Roger Tomlin, l’hanno riconosciuta come una versione sgraziata delle parole “Secundinus cacator“, “Secondino lo stronzo” con l’immagine del fallo ad aggiungere forza espressiva all’insulto scritto.
Andrew Birley, direttore degli scavi e CEO del Vindolanda Trust sostiene che il recupero di un’iscrizione, un messaggio diretto del passato, è sempre un grande evento in uno scavo archeologico di un sito romano ma questo ha davvero lasciato sbigottiti tutti quando è stato tradotto il messaggio dell’iscrizione. L’autore, ritiene Birley, ha chiaramente avuto un grosso problema con Secondinus ed era abbastanza sicuro di enunciare pubblicamente i propri pensieri su una iscrizione, lasciando al destinatario non pochi problemi nel vedere l’iscrizione affissa da qualche parte.
Il fallo romano è spesso visto come un portafortuna o un simbolo di fertilità, un simbolo positivo. Tuttavia, in questo caso, l’autore ne ha abilmente colto il significato e lo ha sovvertito ai propri fini.
Ogni lettera è stata scolpita con cura, cosa che avrebbe richiesto anche notevole tempo, lasciando pochi dubbi sulla profondità del sentimento trattenuto. Questo favoloso commento sociale ricorda che mentre l’esercito romano poteva essere estremamente brutale, soprattutto nei confronti della popolazione autoctona, la popolazione non era immune a lanciarsi insulti a vicenda. Secoli prima che i giornali stampati o i social media fossero disponibili, questo sarebbe stato uno dei modi migliori per far notare a molte persone un proprio punto di vista.
Considerando gli estesi scavi e le ricerche a Vindolanda che durano da quasi 100 anni, non sorprende notare che il sito ha più incisioni di falli di qualsiasi altro lungo il Vallo di Adriano. Questa nuova aggiunta porta il conteggio fino a 13, un numero che si ritiene sia sfortunato per alcuni ma che gli archeologi di Vindolanda sperano possa essere un segno per il resto della stagione degli scavi.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: Vindolanda Charitable Trust
Source: danielemancini-archeologia.it