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Quasi 2000 anni fa, un’eruzione vulcanica seppellì anche la città di Ercolano nella stessa ondata di ceneri calde e gas che distrusse Pompei. La catastrofe ha permesso la conservazione di edifici e resti umani ma anche numerose tracce della dieta romana.
Un nuovo studio sulle ossa di 17 individui rivela cosa mangiavano questi antichi abitanti della cittadina e in quali proporzioni.
Precedenti studi hanno fornito solo informazioni di carattere generale sulla dieta di Ercolano e il nuovo studio riempie quei dettagli lasciati in sospeso.
Nel 79 d.C., nel disperato tentativo di sfuggire all’impatto dell’eruzione del Vesuvio, gli ercolanesi si accalcarono in rimesse per barche sul lungomare della città: solo un’improvvisa esplosione di cenere e gas a oltre 600°C li uccise all’istante, polverizzando le carni del loro corpo ma conservando le loro ossa quasi perfettamente .
In lavori precedenti, gli scienziati hanno analizzato il collagene in quelle ossa per concludere che l gli uomini a Ercolano avevano una dieta più diversificata rispetto alle donne. Nel nuovo studio, i ricercatori hanno isolato amminoacidi specifici dal collagene e hanno determinato gli isotopidi azoto e carbonio che possono essere ricondotti a cibi specifici.
Grazie ai resti di piante e animali rinvenuti nel sito, gli archeologi hanno dedotto che gli ercolanesi mangiavano prevalentemente cereali, come grano e miglio. Si consumavano anche lenticchie, fagioli, ciliegie, pesche e olive, oltre a 70 tipi di pesce e crostacei provenienti dal Golfo di Napoli. Mai nessuno studio ne ha indicato le proporzioni.
Secondo Oliver Craig, archeologo dell’Università di York, utilizzando il nuovo metodo di ricerca è stato possibile definire la provenienza delle calorie degli abitanti di Ercolano, individuando gli alimenti che componevano la loro dieta.
L’analisi ha avuto risultati sorprendenti: gli abitanti di Ercolano mangiavano molti frutti di mare , soprattutto rispetto ai moderni individui della regione mediterranea. Circa un quarto delle loro proteine, dunque, proveniva dal mare circostante. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science Advances.
L’olio d’oliva costituiva, inoltre, almeno il 12% delle calorie consumate a Ercolano e il risultato dello studio supporta fonti storiche che indicano che il romano medio consumava 20 litri di olio ogni anno e che l’olio era una delle fonti caloriche più significative nella dieta romana. Le olive erano ampiamente coltivate in tutto l’Impero Romano, fornendo ampie scorte.
Secondo Silvia Soncin, archeologa dell’Università La Sapienza di Roma, l’olio non era un condimento, era un vero e proprio ingrediente da cui si ricavava notevole apporto energetico.
Le donne di Ercolano mangiavano meno cereali degli uomini. Gli uomini di Ercolano, invece, sembra , facessero incetta di pesci e crostacei. Soncin e Craig suggeriscono che le diete diversificate degli uomini potrebbero essere un segno che indica il loro aver trascorso più tempo fuori casa.
Gli studiosi riconoscono che la dieta di Ercolano potrebbe non essere rappresentativa di tutto l’impero: è possibile che la popolazione di città, situata attorno al ricco Golfo di Napoli, circondata da un fertile suolo vulcanico e vicino a un importante porto che importava merci da tutto il Mediterraneo, avesse una dieta particolarmente varia.
Tuttavia gli studiosi ritengono che l’approccio del nuovo studio potrebbe far luce su altre antiche diete in tutto il mondo, adoperando le stesse metodologie in siti diversi.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Source: danielemancini-archeologia.it